Divieto di avvicinamento e specificazione dei luoghi oggetto del divieto: la questione alle Sezioni Unite

Il Collegio ha sottolineato il contrasto giurisprudenziale in relazione all’interpretazione dell’art. 282-ter, comma 1, c.p.p.. Da un lato, viene ritenuto legittimo il provvedimento che obblighi il destinatario a mantenere una certa distanza dalla persona ovunque essa si trovi, senza specificare i luoghi oggetto del divieto, soprattutto laddove la condotta si caratterizzi proprio per la ricerca di un avvicinamento alla vittima come nei casi di stalking.
Dall’altro lato, un diverso indirizzo giurisprudenziale fa leva sulla necessità che il giudice della cautela indichi i luoghi abitualmente frequentati dalla persona offesa e di conseguenza soggetti ad inibitoria. Secondo tale soluzione interpretativa in tal modo il provvedimento assume una conformazione completa che garantisce il giusto contemperamento tra esigenze di sicurezza e minor sacrificio per l’indagato.

Dato atto dei diversi orientamenti, la pronuncia ritiene di rimettere alle Sezioni Unite la questione «se nel disporre la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa, ex art. 282 ter c.p.p., il giudice deve necessariamente determinare specificamente i luoghi oggetto di divieto».

(Corte di Cassazione, sez. VI Penale, ordinanza n. 8077/21; depositata il 1° marzo)

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